07/03/2022
di Emilia Pagani
E’ iniziato un grande cambiamento nella storia dell’Iyengar Yoga, richiesto direttamente dal Ramamani Iyengar Memorial Yoga Institute di Pune, per quanto riguarda il rapporto tra insegnanti ed allievi, la trasmissione del sapere e la formazione degli insegnanti. Per comprenderlo, penso sia utile fare una breve storia di come Guruji arrivò a creare le Associazioni Nazionali, quale fu la sua prima idea di formazione ed esami per diffondere i suoi insegnamenti nel mondo.
Tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90 Guruji si rese conto di non poter più seguire singolarmente tutti gli allievi: la famiglia si era molto allargata; lui disse, lavorerò con i miei studenti più stretti e saranno loro a seminare il seme dello yoga presso gli allievi nei loro paesi di origine. Da qui la nascita delle Associazioni Nazionali che avevano lo scopo di diffondere l’Iyengar Yoga. Guruji invitava anche gli insegnanti più vicini a lui a recarsi nei paesi dove non esistevano ancora associazioni nazionali. L’obbiettivo era quello di diffondere. Nacque così l’idea di una formazione insegnanti agile che potesse raggruppare persone provenienti da varie parti del paese tesa a gettare le basi di una grande famiglia mondiale.
Guruji decise anche come doveva essere da lì in poi la formazione. Studiò sequenze di āsana e di prāṇāyāma di difficoltà crescente organizzate in syllabus per i diversi livelli degli insegnanti: introductory, intermediate, advanced. I formatori erano pochi perché i requisiti per esserlo erano abbastanza alti. Guruji decise che potevano essere formatori gli insegnanti con certificato minimo intermediate junior 3, che andassero regolarmente a studiare all’Istituto di Pune, che avessero fatto tirocinio presso insegnanti senior del loro paese.
I “Teacher Training” hanno sempre avuto una forma seminariale, erano organizzati nei fine settimana cioè in momenti separati rispetto alle lezioni programmate all’interno delle singole scuole e avevano durata triennale. Per accedervi, era necessario aver già praticato yoga con un insegnante certificato per almeno tre anni. E così è stato anche qui in Italia dal 1990, anno di nascita della nostra associazione “Light On Yoga Italia” ad oggi.
Il sistema ha funzionato benissimo perché per anni ha assolto al suo compito nel mondo, ovvero diffondere l’Iyengar Yoga. Secondo il sito ufficiale del Ramamani Iyengar Memorial Yoga Institute di Pune, esistono insegnanti certificati di Iyengar Yoga in 93 paesi. Inoltre, dal 2006, la professionalità dell’insegnante certificato Iyengar è identificabile grazie ad uno specifico e riconoscibile “Trade Mark”.
Il logo grafico del Trade Mark
Su invito di Guruji, agli inizi degli anni novanta, iniziarono a muovere i primi passi diverse associazioni nazionali di Iyengar Yoga in Europa e in altri continenti. La prima, quella britannica, ha fatto da battistrada per tutte le altre associazioni nazionali che di lì a poco sono nate. Anche in Italia si formò un’associazione: Gabriella Giubilaro e Bianca Strens ottenuto il permesso da Guruji, diedero vita alla “Light On Yoga Italia” insieme ad altri insegnanti diplomati da Guruji.
In Italia i primi “Teacher Training” sono stati quello di Bianca Strens e Gabriella Giubilaro a Firenze e quello di Grazia Melloni a Roma. La generazione successiva di formatori ha fatto assistenza ad un “Teacher Training” condotto da un altro insegnante esperto.
Assistere ad un “Teacher Training” vuol dire partecipare nella classe, dare opinioni, prendere parte all’insegnamento, cercare soluzioni, essere parte attiva seppur accompagnati dal formatore. Per gli insegnanti che hanno fatto questo percorso formativo l’esperienza è stata fondamentale per intraprendere il “Teacher Training” in autonomia, ha dato loro l’entusiasmo e l’energia per incontrare gli allievi e accompagnarli nel loro percorso formativo.
In alcuni paesi abbiamo visto nascere “Teacher Training” alla presenza di svariate centinaia di partecipanti mentre in Italia i numeri sono sempre stati molto più contenuti: dai primi anni novanta ad oggi abbiamo formato quasi 450 insegnanti. Gli esami erano svolti in un giorno solo ed era presente, oltre agli esaminatori, anche il formatore: questo era un grande sostegno per i candidati. In seguito Guruji decise che gli esami dovevano avvenire solo alla presenza degli esaminatori per permettere autonomia di decisione della commissione. Inoltre in un giorno solo si tenevano tre prove: la pratica lo scritto e l’insegnamento. Guruji si rese conto che tre prove in un giorno erano troppo, decise che la prova scritta doveva essere fatta prima della data d’esame.
Da allora fino ad oggi ogni nostro formatore ha rispettato queste regole volute da Guruji: abbiamo contribuito tutti al raggiungimento del suo obiettivo, quello cioè di diffondere e allargare la rete degli insegnanti.
Ogni formatore ha dato la sua impronta al “Teacher Training” a seconda della propria conoscenza della materia, la capacità di osservazione, la capacità di trasmissione. Ognuno di noi ha dato un particolare colore al proprio lavoro. Abbiamo scoperto che insegnare non è solo impartire azioni, comunicare sensazioni, conoscenze psicologiche e filosofiche della materia, soprattutto è dare quello che si è, ogni formatore dona quello che è.
B. K. S. Iyengar corregge halāsana (1970 circa)
Guruji era solito ricordare che nell’insegnare prima di tutto siamo allievi; quando pratichiamo dobbiamo fare silenzio fuori e dentro di noi, dal silenzio inizia un’auto osservazione che non è finalizzata soltanto alla ricerca del benessere e della salute del corpo; questo è l’inizio, è uno step indispensabile ma è pur sempre il primo step. Fermarsi ai benefici del corpo fisico è come bloccare il processo che lo yoga rappresenta.
Per approfondire la pratica, dobbiamo studiare l’interazione, l’interdipendenza tra il corpo la mente e il respiro, osservare come ciascuno di questi tre porta beneficio all’altro, quali contributi ognuno dà all’altro e al processo yogico per arrivare a connettersi all’anima. Se riconosciamo che lo yoga è un processo, ci rendiamo conto che l’insegnamento si trasforma da meccanico e schematico, a empatico, olistico, sensibile e intuitivo.
Quando insegna, l’insegnante dovrebbe ricordare che è fondamentale:
- prima di tutto essere allievo
- fare silenzio dentro di sé
- ascoltare, guardare, sentire, riconoscere le qualità/ difficoltà di chi ha di fronte
- sostenere l’allievo.
Questo dovrebbe sempre succedere sia che l’insegnante abbia di fronte gli allievi della scuola o i futuri insegnanti.
In questo processo anche l’insegnante è profondamente coinvolto e trasformato: ricordo Guruji dire “Tra insegnante e allievo è l’insegnante che ha più bisogno dell’allievo” e non si riferiva all’aspetto economico.
Inizialmente è l’allievo che cerca il maestro, ma a ben guardare il dare e il ricevere non è a senso unico, anche l’insegnante ha molto da ricevere. Insegnare è un privilegio per l’insegnante perché insegnare diventa lo strumento per osservarsi e approfondire il proprio sadhana. A volte l’insegnante riconosce questo privilegio e ne è grato, altre volte si può lasciar guidare dal piacere di insegnare, dal potere che deriva dal manipolare, ammaliare e affascinare l’allievo. Questi ultimi sono alcuni dei sottoprodotti della pratica: sono materiale di scarto, non il fine della pratica. Anche l’insegnamento non è il fine della pratica, ma uno strumento sacro per perseguire il nostro sadhana. Impariamo a ricevere questo nutrimento. Dico impariamo perché non è scontato che succeda.
B. K. S. Iyengar insegna parivṛtta trikoṇāsana (1990 circa)
Alla luce di quanto detto è importante oggi riflettere sulle esperienze passate di “Teacher Training” senza giudizi, senza accuse perché puntare il dito sugli altri vuol dire perdere l’occasione di imparare dalla nostra esperienza; chi punta il dito non guarda dentro di sé, non guarda alle proprie azioni. L’abitudine a proiettare sugli altri le nostre pene è antica come il mondo e nessuno di noi ne è esente: sappiamo che non porta serenità. Solo se ci rendiamo conto di questo riusciamo a cambiare direzione e ad essere persone migliori. Sta solo a noi decidere come vogliamo essere, come vogliamo parlare e anche insegnare.
Quindi guardando indietro alla passata esperienza di “Teacher Training “penso che:
-Il numero degli allievi era troppo elevato per aver il tempo materiale di seguire tutti come si deve;
-il week end mensile era un tempo limitato per rafforzare la determinazione del futuro insegnante perché questi potesse digerire gradualmente non solo le informazioni ma tutta la inevitabile necessaria trasformazione;
- è cruciale domandarsi cosa sia utile all’allievo e per questo nel nostro ormai vecchio regolamento sulla formazione ed esami si è introdotta la figura del tutor per creare un circolo virtuoso tra formatore, allievo e insegnante di base che aiuta l’allievo;
-nel vecchio sistema durante gli esami, il tempo dedicato alla verifica era troppo poco per esprimere un giudizio: due ore per vedere e sentire un candidato erano insufficienti e questo contribuiva a creare un clima severo e duro agli esami. Quindi l’esaminatore ha un ruolo davvero importante e difficile; l’esperienza tende a fare la differenza; chi ha poca esperienza tende ad essere rigido, severo implacabile nel giudizio, chi ha molta più esperienza sa accompagnare la compassione al rigore.
Il nuovo sistema esami proposto dalla famiglia Iyengar cambia completamente la prospettiva.
B. K. S. Iyengar corregge Abhijata Iyengar nell’esecuzione di Marīchyāsana III (2005 circa)
Ora l’istituto di Pune, Ramamani Iyengar Memorial Yoga Institute, ci chiede di aprire un confronto che si è già concretizzato nella stesura di nuove regole, in cui il rapporto diretto tra insegnante e allievo assume di nuovo un ruolo centrale.
Oggi l’obbiettivo non è più solo diffondere lo yoga di Guruji, ma prestare grande, grandissima attenzione alla preparazione costante, reiterata nel tempo e graduale dei nostri futuri insegnanti che potranno, ad esempio, insegnare ad allievi veri e non fare simulazioni.
Ma il cambiamento non riguarda solo il passaggio dal “Teacher Training” al Mentorship, dagli esami vecchia maniera alla nuova modalità d’esame. L’Istituto parla di un cambiamento profondo che riguarda un bisogno interiore di maggiore empatia con sé stessi e gli altri. Essere accoglienti verso sé stessi per essere accoglienti e sapersi confrontare con gli altri.
E il confronto con l’altro sarà tanto più costruttivo ed efficace se si dà spazio al confronto con sé stessi. La pratica yogica è il modo più diretto sincero e leale di confrontarsi con sé stessi. Lo facciamo ad esempio quando confrontiamo la parte destra e sinistra del corpo nell’ āsana, o ancora quando nel prāṇāyāma sentiamo il respiro nella parte sinistra e destra del torace. Se iniziamo questo studio possiamo scoprire molte cose, ad esempio può cambiare l’approccio tra noi e la nostra mente. Invece che giudicare e alzare barriere dentro di noi, possiamo accogliere tutte le nostre parti come un tutt’uno essenziale per la nostra vita. Abituarsi al confronto con sé stessi aiuta e stimola il confronto pulito, sincero e leale con gli altri.
Il mondo è cambiato così tanto dalla fine degli anni ‘80 ad oggi che noi, volenti o nolenti, anche senza rendercene conto, siamo cambiati con lui. Questo cambiamento è stato graduale e ancora non è terminato.
Il passaggio dal vecchio al nuovo sistema non è come cambiare abito: ieri ero vestito di blu, oggi cambio e mi vesto di verde! Questo cambiamento è come l’arcobaleno nel cielo, il blu si stempera nel verde ed è difficile segnare una demarcazione precisa. Il vecchio e il nuovo non sono opposti tra loro, piuttosto si fondono l’uno nell’altro.
Ai nuovi futuri formatori oggi dico che l’Istituto dà una nuova possibilità. Entrare di default nella formazione è una occasione che, se per alcuni è inaspettata, è per tutti una sfida entusiasmante. Spero che in molti interpretino questa possibilità come una crescita interiore che li aiuterà ad essere anche migliori insegnanti.
Per gli allievi che desiderano intraprendere il percorso per diventare insegnanti, questa è una grande opportunità di essere seguiti in modo individuale o in gruppi di poche persone, di fare esperienza di insegnamento direttamente all’interno della classe, di vedere la classe come un laboratorio di esperienze e di confronto.
Per gli allievi che praticano l’Iyengar Yoga è un modo di osservare come il passaggio da allievo ad insegnante sia un processo di crescita graduale e condiviso, che è aperto a tutti quanti vogliano mettere lo yoga al centro della propria esperienza di vita e questo non può che costituire un arricchimento dei programmi di studio per tutti gli studenti.
Infine, chi è incuriosito dallo yoga ma non ha ancora sperimentato un metodo soddisfacente, può avvicinarsi all’Iyengar Yoga sicuro del fatto che la formazione delle persone che lo trasmettono era al centro dell’impegno di Guruji ed oggi è il nostro impegno.
Siti consultati:
https://bksiyengar.com/modules/Teacher/teacher.asp
https://www.iyengaryoga.it/pagina/6-trademark-delliyengarsmallsupr-small-sup-yoga
Referenze immagini:
Archivio LOY; Julia Pedersen
© Light on Yoga Italia, febbraio 2022
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