Sadhana - Filosofia
07/10/2022
La vita del cuore
Coerenza cardiaca, efficienza e salute tra scienza e pratica dell’Iyengar Yoga
di Silvia Brambilla
Praticare gli āsana dal cervello fa sentire pesanti, praticare dal cuore rende leggeri (BKS Iyengar, 2006, p.41)
Noi studenti di Iyengar yoga sappiamo quanto sia centrale l'apertura del torace, intesa come consapevolezza del volume della cavità toracica, sia attraverso la pratica di yogāsana sia successivamente per lo studio in sicurezza del prāṇāyāma. Stiamo parlando di un percorso complesso, che avviene in anni ed anni di studio continuativo e attento. Una cavità toracica aperta, chiaramente percepita, vissuta, intelligente e viva, ha effetti enormi sulla nostra disposizione complessiva. Sappiamo che la postura del corpo influenza direttamente il tono dell’umore e che un atteggiamento eretto, non rigido, aperto, non solo aumenta il senso di autostima e di controllo in situazioni stressanti, ma diminuisce anche la centratura solipsistica su di sé a favore di una visione più ampia della realtà (Nair S. et al. 2015). Lo studio dell’apertura del torace nell’ambito della nostra pratica può velocemente portarci da un tono cupo, sfiduciato, egoista e insofferente, all’ottimismo e, perché no, ad una certa dose di allegria (Veenstra L. et al., 2017).
È famosa la frase che BKS Iyengar disse a Patricia Walden a proposito della depressione e che lei, raccontando aneddoti della sua vita con il Maestro, ripeteva spesso: “If you open your armpits, you’ll never get depressed”. È chiaro come in questo caso non si parli di serie condizioni mentali quali il disturbo depressivo maggiore, ma possiamo pensare di prendere in considerazione tutti gli strumenti dello yoga a nostra disposizione per coadiuvare il successo di un percorso terapeutico secondo una visione integrata (Streeter C. C. et al., 2017).
Possiamo così guardare all’importanza del lavoro sul torace, sul “disabitare” la testa per abitare la cavità toracica con una consapevolezza del tutto nuova e rinnovata motivazione.
Dal cervello al cuore, dal cuore al cervello
Viviamo immersi in una cultura cervellocentrica che ingabbia il nostro mondo interiore a questo organo, ma si tratta di una prospettiva troppo limitata. Senza nulla togliere alle meraviglie del sistema nervoso centrale, per conoscere chi comanda davvero dobbiamo abbandonare la scatola cranica e scendere più giù, proprio all’interno della cavità toracica.
Portiamo la nostra attenzione sull’area cardiaca e saremo di fronte al vero motore di tutta la nostra realtà psicofisica: il cuore.
Inizia a battere prima che il cervello si formi ed è immediatamente pronto a fare il suo lavoro, mentre quando si parla dell’encefalo umano sappiamo che non esiste un’opinione condivisa circa il momento esatto in cui raggiunge la piena maturità. Quando il cervello muore, il cuore continua a battere fintanto che c’è ossigeno.
Che sia il cuore a comandare, ad essere il vero motore di ogni nostra azione è la scienza a dircelo, attraverso le ricerche più che ventennali del HeartMath Institute, fondato da Doc Childre, istituzione impegnata nell’esplorazione dei meccanismi fisiologici con cui il cuore comunica con il cervello.
Il cuore possiede circa 40.000 neuroni, chiamati neuroni sensori, dotati di memoria a breve e a lungo termine, proprio come l’ippocampo, preziosa struttura cerebrale (il cuore ricorda…) e scambia continuamente informazioni con il cervello, modulando così ogni aspetto della nostra esistenza, dalle percezioni al comportamento. Questo intenso scambio non è paritario, basti pensare che il 95% circa dei nervi che connettono questi due organi sono fibre neurali afferenti, cioè ascendenti, dal cuore al cervello. Come avviene questa comunicazione? Le vie sono diverse, come per ogni aspetto del nostro organismo: via neurologica, via biochimica (ormoni, neurotrasmettitori), via biofisica (pressione sanguigna) e via energetica, attraverso il campo elettromagnetico.
Ricordiamo anche che dal 1983 il cuore è entrato ufficialmente a far parte del sistema ormonale grazie alla scoperta della presenza dell’ANF - fattore striale natriuretico - nonché ormone dell’equilibrio (Gerzer R. et al. 1985). L’ANF rilascia ormoni dello stress e influenza i nostri comportamenti e motivazioni, impattando largamente sugli aspetti emotivi.
Neuroplasticità cerebrale e cardiaca
Negli ultimi decenni la letteratura scientifica è stata dominata dalle conseguenze della scoperta della neuroplasticità cerebrale. Le abitudini, le pratiche, gli studi, i modi di pensare plasmano le nostre reti neuronali e possono essere modificate, indebolite o accresciute durante tutto l’arco della nostra esistenza (Fuchs E. et al., 2014). Questo vale per il cervello e le sue interconnessioni strutturali, ma non solo. La stessa capacità plastica è infatti propria anche del cuore. Pratiche che lo allenino all’apertura, alla compassione, all’amore e alla calma creano nuovi pattern energetici che successivamente moduleranno in maniera distinta la comunicazione con il sistema nervoso centrale e di conseguenza percezioni, comportamenti, pensieri. Si può cambiare. Come sempre, è questione di pratica!
Campo elettromagnetico e coerenza
La potenza elettrica del cuore è 60 volte più ampia di quella del cervello, il suo campo elettromagnetico, di forma toroidale (figura 1), è oltre 100 volte più potente rispetto a quello del cervello e anche molto più ampio, da 1,5 a circa 2,4 metri di diametro. Il campo elettromagnetico del cuore è rilevabile a diversi metri di distanza, questo significa che influenza la nostra realtà circostante. Questo spiegherebbe, per esempio, il sentire il vero stato emotivo di qualcuno, anche se magari a parole non ci comunica nulla, oppure avvertire un grande senso di pace e di sollievo in presenza di vere guide spirituali, che abbiano fatto della compassione una vibrazione costante.
Figura 1. Il campo magnetico del cuore è il più forte campo ritmico prodotto dal corpo umano e si estende in tutte le direzioni nello spazio intorno a noi.
Il campo elettromagnetico del cuore ha quindi il potere di influenzare vibrazionalmente ogni nostra cellula e il mondo intorno a noi, quindi anche il rapporto con gli altri.
Vediamo un esempio. Durante la pratica di mettā, anche conosciuta da noi occidentali come meditazione dell’amorevole gentilezza, ci si allena alla compassione ripetendo come un mantra frasi in cui si sviluppa l’amore incondizionato prima verso se stessi e poi in un crescendo verso l’intero pianeta e tutte le sue creature. Durante e dopo questa meditazione ci si percepisce diversi, più concentrati, focalizzati e soprattutto sereni e leggeri (Hofmann S.G. et al., 2015).
Questo perché abbiamo probabilmente raggiunto quella che gli esperti del HMI chiamano “coerenza cardiaca”, uno stato dove le interazioni tra cuore e cervello, mente, emozioni e sistema nervoso stanno operando in sincrono e in cooperazione energetica.
La coerenza cardiaca avviene quando il ritmo cardiaco produce un pattern fatto di un’onda armonica. Quando si sperimentano emozioni positive in maniera sincera, come il prendersi cura, la compassione, l’amorevolezza, l’apprezzamento, la gentilezza per qualcuno o qualcosa, il ritmo cardiaco diventa coerente e comunica questo schema armonico al cervello e a tutto il corpo.
Quindi un buono stato emotivo manterrà un’ottima coerenza cardiaca, mentre stati emotivi concentrati sulla rabbia, l’ansia, la tristezza, renderanno l’HRV (heart rate variability) poco equilibrato e disomogeneo (figura 2).
Figura 2. Coerenza e in-coerenza cardiaca
Stabilità emozionale e coerenza interspecifica
Le ricerche condotte dal HMI suggeriscono che quando una persona è in uno stato fisiologicamente coerente mostra una maggiore sensibilità nel registrare i segnali elettromagnetici e gli schemi di informazione codificati nei campi irradiati dal cuore degli altri. A questo punto potrebbe venire spontaneo chiedersi se corriamo il rischio di diventare più vulnerabili alla potenziale influenza negativa di schemi incoerenti irradiati da coloro che ci circondano. In realtà, è vero il contrario. Quando siamo in grado di mantenere la modalità di coerenza fisiologica, siamo anche più stabili internamente e quindi meno vulnerabili ad essere influenzati negativamente dai campi emanati dagli altri.
È fondamentale tenere presente una realtà: non è solo il cuore umano ad avere questi “superpoteri”. Tutte le caratteristiche descritte finora valgono infatti per il cuore di ogni essere vivente. Nell’esempio riportato nelle figure seguenti, notiamo come un ragazzo ed il suo cane, nell’amorevole interazione reciproca, entrino in uno stato di coerenza (io l’ho sempre sperimentato con i miei gatti, ancor prima di poter dare un nome a questo stato psicofisico…). Questi dati sono stati ottenuti utilizzando registratori ECG ambulatoriali montati sia su Josh, un ragazzino, sia su Mabel, il suo cane. Quando Josh è entrato nella stanza in cui Mabel stava aspettando e ha provato consapevolmente sentimenti di amore e cura nei confronti del suo animale domestico, i suoi ritmi cardiaci sono diventati più coerenti e questo cambiamento sembra aver influenzato i ritmi cardiaci di Mabel, che sono passati a un ritmo più coerente.
Figura 3 Schemi del ritmo cardiaco di un ragazzo e del suo cane.
Si comprende quindi che, in una logica di interazione costante tra noi e il tutto, il campo elettromagnetico cardiaco dipende dalle nostre emozioni e dai nostri pensieri, quindi una buona centratura emotiva potrà creare una risonanza positiva e coerente percepibile da persone e animali presenti nel raggio di comunicazione del nostro campo. E viceversa. Trasmettiamo e riceviamo. Consapevolmente o meno…
I ricercatori del HMI si spingono ancora più in là, immaginando una coerenza cardiaca che da personale cresca nel suo raggio d’azione fino ad includere la sfera sociale e successivamente anche una forma di coerenza globale, tecnologica e scientifica. Certo è che se ci allenassimo tutti in questa direzione di certo saremmo presto in grado di vedere drastici cambiamenti nei diversi livelli della nostra complessa realtà. Non voglio lanciarmi ora in una forma di “coerenza utopica”, perché la ricerca non termina qui, prosegue.
L’attività cardiovascolare e le emozioni
Nel complesso ambito delle emozioni, che ruolo gioca il nostro cuore? Non mancano le sorprese. Una ricerca pubblicata a fine maggio 2022 (Candia-Rivera D. at al., 2022) ribalta il ruolo principale da sempre conferito al cervello. Il percorso delle emozioni parte dal cuore, solo successivamente l’impulso raggiunge il cervello. Questo trova evidenza scientifica nello studio dei bioingegneri dell’Università di Pisa in collaborazione con l’Università di Padova e l’ University of California Irvine, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science of the USA.
Viene analizzato il meccanismo che ci porta a provare una specifica emozione e che trova nel cuore la sua radice, non nel cervello. I ricercatori hanno scoperto che nei primi secondi lo stimolo modifica l’attività cardiaca, che a sua volta induce e modula una specifica risposta della corteccia.
“Se escludiamo alcune teorie proposte agli inizi del secolo scorso, fino ad ora l’attività cardiovascolare è stata vista come un semplice supporto metabolico a sostegno del cervello. E solo il cervello sarebbe la sede dei processi biologici responsabili dell’esperienza emotiva cosciente – Noi abbiamo invece evidenze del fatto che l’attività cardiovascolare gioca un ruolo causale nell’iniziare e nel sentire una specifica emozione, e precede temporalmente l’attivazione dei neuroni della corteccia cerebrale” (Gaetano Valenza, docente di Bioingegneria al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e ricercatore al Centro “E. Piaggio”)
Non è questa la sede per analizzare le importanti conseguenze che questa scoperta ha e avrà a livello clinico nell’ambito di condizioni quali, per esempio, i disturbi d’ansia e i disturbi depressivi, ma possiamo considerarlo come l’ennesimo tassello che conferma la centralità e l’importanza del cuore, inteso come organo e come manifestazione di qualità positive, nella modulazione dei diversi aspetti della nostra esperienza come esseri viventi (figura 4).
Figura 4. Comunicazione tra cuore e cervello
La consapevolezza dell’immensa attività cardiaca è consapevolezza del suo inter-essere con tutte le altre strutture del nostro organismo, in un’ottica di costante integrazione che coinvolge sempre anche i campi elettromagnetici cardiaci altrui. Tutto influenza tutto. Assumersi la responsabilità di questo significa continuare a praticare ed allenare le nostre qualità positive, per mantenere una stabilità emotiva - oggi più importante che mai - e provare ad influenzare armonicamente il nostro intorno per innescare cambiamenti in senso evolutivo.
Rileggere l’insegnamento di Guruji
Iyengar ha fatto innumerevoli riferimenti al cuore nei suoi insegnamenti e scritti. Tra i molti riferimenti puntuali possibili, desidero riportare alcune espressioni tratte da una intervista del 1982 (BKS Iyengar, 1982 [2008]).
Una volta chiesero a Guruji perché parlava del diaframma come di un luogo di mediazione tra il corpo fisico e il Sé. Iyengar rispose che è normale contrarre il plesso solare quando ci si trova depressi e angosciati. Questo avviene perché il diaframma non è libero. Il diaframma è un organo fisico, ma ha un potere enorme sullo stato mentale. Perché le persone soffrono di stress e depressione? Perché non c’è elasticità nel diaframma, la tensione lo rende rigido. La tensione viene anche dallo stato competitivo che origina nel cervello: “Devo assolutamente riuscire in questo”. Ma senza ammorbidire il diaframma con āsana e prāṇāyāma, nessun obbiettivo dato dal cervello potrà essere raggiunto. Il diaframma è il mezzo con cui ci si avvicina al Sé.
La mente si trova dappertutto, l’intelletto (la capacità di elaborare) si trova nel cervello. L’intelligenza emozionale si trova nel cuore. Ci sono due tipi di intelligenza, emozionale e intellettuale. Ora l’essere umano intellettualmente ha raggiunto grandi traguardi, ma si tratta di crescita verticale, tecnologica. Pensiamo soltanto con la testa.
Con la pratica di āsana e prāṇāyāma apriamo il centro emozionale sempre di più, liberando il diaframma, così da liberare l’intelligenza delle emozioni, l’amicizia e la compassione. Se c’è armonia tra cervello e cuore, c’è perfezione. Altrimenti si dirà: “E’ una persona intelligente, ma egoista e, alla fine, stupida; non sa stare con i suoi simili”. Va coltivata l’intelligenza del cuore e quella della testa va disciplinata. Senza disciplina nel percorso, non si ottiene la libertà. (BKS Iyengar, 1982 [2008])
Come un cerchio che si chiude, si ritorna quindi alla centralità del lavoro sul corpo, inteso come studio, esplorazione, conoscenza. Se non partiamo dal corpo, rischiamo di rimanere invischiati nell’astrazione di discorsi pieni di buoni propositi, ma privi di basi concrete su cui costruire l’azione!
Come insegna BKS Iyengar esplorare in modo sempre più intelligente e minuzioso il corpo e la mente apre spazi infiniti e rende possibile la vera assunzione di responsabilità del senso più ampio della nostra esistenza.
Bibliografia
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Candia-Rivera D., Catrambone V., Thayer, J.F., Gentili C., Valenza G. 2022. Cardiac sympathetic-vagal activity initiates a functional brain-body response to emotional arousal, Proceedings of the National Academy of Sciences, vol.119, issue 21.
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B.K.S. Iyengar 2006. Light on Life: The Yoga Journey to Wholeness, Inner Peace, and Ultimate Freedom [trad.it.: Vita nello Yoga. Trasformazione, saggezza libertà, Roma, Mediterranee, 2008]
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BKS Iyengar, The search of alignement led me to experience the inner mind, Yoga Journal, 1982, in Astadala Yogamala, 4, 2008, pp. 82-87)
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Streeter, C. C., Gerbarg, P. L., Whitfield, T. H., Owen, L., Johnston, J., Silveri, M. M., Gensler, M., Faulkner, C. L., Mann, C., Wixted, M., Hernon, A. M., Nyer, M. B., Brown, E., & Jensen, J. E. 2017. Treatment of Major Depressive Disorder with Iyengar Yoga and Coherent Breathing: A Randomized Controlled Dosing Study. Alternative & complementary therapies : a new bimonthly publication for health care practitioners, 23(6), 236–243. https://doi.org/10.1089/act.2017.29134.ccs
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Riferimenti immagini
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