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Sadhana Filosofia

13/11/2024

Intelligenza del corpo, intelligenza della mente

di Luigia Bertelli

 

 

Se cerchiamo sul dizionario il termine “intelligenza”, leggiamo che proviene dalla parola latina intellìgere, formata da intra, dentro, e lègere, raccogliere, scegliere, discriminare, quindi vedere dentro, discernere.

E cosa si intende per intelligenza del corpo? Cosa vuol dire avere un corpo intelligente?
Il corpo intelligente, per definizione stessa, è capace di discernere le sensazioni, sentire e comprendere, quindi di osservare sé stesso.

Lo stato della mente nell’āsana

Attraverso gli āsana, con gli āsana e negli yogāsana, come direbbe Prashantji Iyengar, noi educhiamo il corpo all’osservazione interna, prendiamo consapevolezza degli effetti che le azioni durante un āsana producono nelle varie parti, negli organi, nei muscoli, nella pelle.

Ad esempio, la percezione dell’alluce in Taḍāsana controlla l’intera posizione. Attraverso la percezione dell’alluce, quindi attraverso la via sensoriale che dall’alluce ritorna al cervello, avviene la coordinazione per la via motoneurale, la risposta che dall’esterno ritorna al cervello. In un āsana non si tratta tanto di fare e rifare, ma si tratta di “sentire”. La posizione diventa allora “Pratyaharāsana” (Prashant Iyengar, Actions and Sensations) e lo stato mentale nell’āsana tale da portare l’osservazione verso l’interno. Deve esserci percezione della posizione per studiare cosa succede all’interno e poter coordinare. Con il tempo, con la pratica, si comincia a percepire con maggiore sensibilità come creare delle azioni in parti sempre più distinte e specifiche e ci si accorge che le varie azioni concorrono a creare degli effetti, dei cambiamenti significativi nell’intera percezione dell’āsana.

Abhijata così definisce un āsana:

“…è uno stato in cui colei/colui che la esegue deve adattare ed assumere una particolare posizione che va provata e riprovata fino alla giusta configurazione, attraverso lo studio (svādhyāya). Disporre il corpo in una posizione significa creare un’azione, e risistemarlo nella posizione significa introdurre una riflessione nell’azione. Quindi, dopo aver creato un’azione, si deve osservare, ri-pensare, ri-flettere sulle parti del corpo sottoposte al lavoro e su quali siano quelle che invece non devono lavorare, devono rimanere neutre ...Durante l’esecuzione di un āsana questa successione di azioni, riflessioni e reazioni fanno sì che il praticante sviluppi l’intelligenza in maniera sensibile e accurata per controllare ogni sua estremità, dall’inizio alla fine. Nel nostro sistema ci sono molti modi di fare un āsana. Dipende dalle condizioni e dalla necessità. Abbiamo bisogno della sensibilità per capire i diversi effetti nei diversi modi di praticare. Se si pratica ad esempio Adho Mukha Śvanāsana con la fronte sulla coperta, il cervello diventa fresco, mentre se è la sommità della testa sulla coperta, il cervello diventa chiaro e fresco in un modo diverso; si può anche fare con le mani più elevate per lavorare sulle scapole, o con i piedi più in alto per estendere di più le gambe. per capire lo yoga si deve capire il corpo” (Da una lezione di Abhijata a Pune, appunti di Gabriella Giubilaro).

“Gli attrezzi furono introdotti da Guruji per compassione nei confronti di persone con impedimenti fisici, ma servono anche a risvegliare o sensibilizzare, a creare intelligenza in parti del corpo dove altrimenti ci vorrebbe tanto altro tempo per ottenere un risultato efficace. Gli āsana hanno la funzione di coltivare l'intelligenza del corpo.
Disciplina e sforzo devono venire dall'interno”.

“Spetta a noi capire come migliorare, ma quando accontentarsi? Se mi sento soddisfatto anche se non sto facendo del mio meglio, non ottengo alcun vantaggio. Sia un lavoro troppo blando che uno troppo intenso non funzionano.
Dov’è la mente? Dov’è il corpo? Dov’è l'anima? Non è possibile delimitare dove finisca il corpo e dove inizi la mente, non si può dire, né dove la mente finisca e dove il Sé abbia inizio.”

sa tu dīrghakāla nairantarya satkāra āsevitaḥ ḍṛdhabhūmiḥ

Una pratica continuativa e devota è la solida base per fermare le fluttuazioni della mente (YS, I.14) (Iyengar, Antichi insegnamenti, p.69)

“Quando si può arrivare alla rinuncia (vairāgya)? Se nel praticare un āsana non mettiamo il massimo dell’impegno, vi è pochezza spirituale. Bisogna sforzarsi di migliorare. Praticare un āsana non è allungare il corpo in sé, ma dev’essere l’espressione della nostra intelligenza. Quando la mente è consapevole delle braccia, del torace, del bacino, senza parti oscure o dimenticate, allora la nostra intelligenza si esprime. L'āsana deve migliorare al punto di portare la nostra intelligenza a raggiungere ogni angolo del corpo. Solo allora ci si può accontentare. La soddisfazione deve subentrare automaticamente. Come un fiore sboccia quando è il momento, una continua pratica zelante, senza alcuna interruzione produrrà automaticamente il soddisfacimento.”


tapaḥ svādhyāya Īśvarapraṇidhānāni kriyāyogaḥ

“Prima di tutto dobbiamo avere tapas, il fuoco, l’ardore.
La mente nellāsana dev’essere una lente d'ingrandimento usata per capire la mente” (YS, II. 1)

(Da una lezione di Gabriella Giubilaro)


Come Michelangelo

Guruji scrive: “All’inizio della pratica il corpo è come un masso. Per avere una buona percezione di un’azione c’è bisogno di un maggior tempo. Dobbiamo quindi iniziare frantumando questo masso in molecole e atomi prima di fare esperienza degli effetti di un’azione” (Iyengar, in Aṣtadaḷa Yogamāla, 7, p. 351).

Nel movimento e nelle azioni che concorrono a creare un āsana noi ci avvaliamo di informazioni propriocettive, vestibolari, enterocettive e cutanee che arrivano al midollo spinale, al midollo allungato e all’encefalo che le elabora e le integra in un sistema complesso per inviare a sua volta i comandi alla periferia tramite i motoneuroni. Questa è l’intelligenza del corpo e della mente. La mente in senso lato elabora e costruisce l’āsana, utilizzando anche la memoria data dall’apprendimento.

I nostri alleati, i recettori

Il tramite della delicata e sottile percettività e sensibilità sono i recettori.

Da questi arrivano messaggi precisi e sottili alle varie parti del cervello che a loro volta inviano i comandi alla periferia e sono in grado di trasformare l’āsana.
La sensazione è data da ciò che viene percepito dall’encefalo quando un recettore sensoriale viene stimolato; la sensazione è quindi una neurocezione che attinge da informazioni provenienti dall’esterno captate dagli organi di senso (esterocezione) e dall’interno (enterocezione o propriocezione). Con la percezione di uno stimolo sensoriale si ha l’attivazione dei vari recettori, esterni e interni, poi l’attivazione di strutture periferiche e centrali e infine l’utilizzo di processi cognitivi come la memoria e l’apprendimento.

Noi conosciamo il nostro mondo, la realtà che conosciamo, solo grazie ai vari tipi di recettori di cui disponiamo. Certo, non abbiamo alcuna percezione di un mondo che i nostri recettori non possono avvertire, per esempio non abbiamo recettori che siano stimolati dal campo magnetico o dalla luce ultravioletta, o dagli ultrasuoni che molti altri animali, per esempio altri mammiferi o uccelli e insetti possono invece percepire. Abbiamo in realtà una conoscenza limitata del mondo in cui siamo immersi.

Può risultare molto interessante conoscere l’origine dei recettori per comprendere la loro importanza nel lavoro del creare un āsana.

Embriogenesi dei recettori

Quando, dopo la fecondazione dell’ovulo iniziano le divisioni mitotiche, la cellula uovo si accresce diventando prima la morula, poi la blastula e la gastrula; è in quest’ultima che si ha una suddivisione delle cellule in tre strati, uno più interno che è l’endoderma, uno centrale che è il mesoderma ed uno più esterno, l’ectoderma. Da questi tre foglietti embrionali per continue e successive divisioni cellulari e specializzazione delle cellule, si formerà l’intero individuo nell’arco del tempo proprio a ciascuna specie.


Figura 1.Fase iniziale dell’embriogenesi dalla fecondazione dell’ovulo

 

Possiamo distinguere tre tipi di recettori in base alla loro origine embrionale. Dall’endoderma si sviluppano i recettori interni o enterocettori che registrano gli stimoli provenienti dai visceri.
I propriocettori sono le terminazioni primarie dei fusi neuromuscolari, si attivano dagli stimoli provenienti dai muscoli e dalle articolazioni. Questi sono statici o dinamici, i primi rilevano la posizione del corpo nello spazio mentre i secondi rilevano il movimento degli arti contribuendo alla costruzione della sensazione di movimento. Questi hanno origine dal mesoderma.


Dal foglietto embrionale più esterno originano gli esterocettori, sensibili a pressione, tatto e temperatura, posizionati sulla pelle. Non è un caso che l’ectoderma dia origine a tutto il sistema nervoso insieme alla pelle e ai suoi esterocettori.
La spiegazione della comune origine della pelle e del sistema nervoso dal punto di vista evolutivo va probabilmente ricercata già nelle forme di vita animale più semplici, quali ad esempio in Hydra, uno cnidario in cui i neuroni formano una rete diffusa e ricevono gli stimoli da recettori con funzione meccano recettrice, di vitale importanza per il riconoscimento di un pericolo o di un ambiente funzionale.

 


Figura 2. Hydra linnaeus

 


I recettori e il cervello

L’elaborazione che compie il Sistema Nervoso permette di passare dalla sensazione, ossia dalla registrazione dello stimolo sensoriale, alla percezione, che è l’interpretazione del messaggio ricevuto, tramite la “trasduzione” dello stimolo sensoriale: il recettore viene eccitato e trasmette l’impulso elettrico al neurone che lo innerva. Il segnale elettrico viaggia lungo la membrana dell’assone (fibra nervosa con prolungamento allungato) e nel punto di sinapsi tra il primo ed il secondo neurone vengono rilasciati i mediatori chimici, captati dalla membrana cellulare del secondo neurone, così il segnale viene trasmesso dalla periferia verso il sistema nervoso centrale. Si ha quindi prima l’acquisizione dello stimolo sensoriale, di qualsiasi natura esso sia, termico, tattile, acustico, visivo…, poi l’integrazione dello stimolo tramite le aree cerebrali stimolate:

Acquisizione stimolo - Recettore → I neurone → II neurone →

→ Sistema Nervoso Centrale - elaborazione stimolo

Tornando allo yoga, il punto è che, maggiore è la comunicazione tra la periferia e l’encefalo, più si sviluppano l’attenzione e la sensibilità necessarie nel creare un āsana. Fare un āsana significa acquisire una maggiore attenzione e una maggiore sensibilità, quindi sviluppare un’intelligenza sia del corpo che della mente.

Negli āsana parliamo di estendere, allargare, aprire, ruotare la pelle delle braccia, delle gambe, delle mani, dei piedi, dell’addome... e anche se da un punto di vista anatomico potrebbe non essere ovvio e chiaro, perché ogni movimento, anche il più piccolo, origina dai muscoli, noi che pratichiamo yoga, sappiamo cosa significa perché impariamo ad attivare la sensibilità degli esterocettori situati sulla cute che stimolano le parti del cervello preposte e le rendono attente e sensibili; in tal modo il comando che parte dal cervello ritorna al cervello rendendolo più vigile in un corpo più sensibile, quindi ‘intelligente’.

 


Figura 3. Ūrdhva Dhanurāsana

 

 

Geetaji Iyengar insegnava che per fare un āsana la mente deve raggiungere quel silenzio interiore che porta all’osservazione interna fino a sentire il perfetto equilibrio.
Ancora dalle parole di Guruji: “Ad un certo momento è proprio questa intelligenza acquisita che guida il praticante a sentire la presenza del Sé in ciascuna parte del suo corpo. Attraverso questa percezione del Sé sorgono nuovi impulsi per ulteriori aggiustamenti nel fare un āsana, nel modo migliore e nel modo più corretto. Questo è l’ultimo stadio dell’apprendimento (niṣpatti avashtā), come spiegato da Guruji (Iyengar, in Aṣtadaḷa Yogamālā, 1, pp.142-143). In questo stadio si ottiene in maniera giudiziosa il ritmo, l’equilibrio, l’accuratezza e la precisione nell’azione e grazie a questo è il Sé che diventa testimone dell’āsana”.

 

 


Bibliografia:

V. Gallese, U. Morelli, Che cosa significa essere umani? Raffaello Cortina Editore, 2024

BKS Iyengar, Gli antichi insegnamenti dello yoga, Futura, 1997.

BKS Iyengar, Evolutionary stages of the sādhaka, in Aṣtadaḷa Yogamālā, 1, pp.142-144.

BKS Iyengar, “On Practice-Theory” in Aṣtadaḷa Yogamālā, 7, pp. 331-361.

L. Pardi, A. Ercolini, Biologia e zoologia generale, SEU, 1977

Prashant Iyengar, Actions & Sensations, 16 Gennaio 2000 (https://www.facebook.com/watch/?v=10154838600340779)

E.E.Ruppert, R.D.Barnes, R.S. Fox, Zoologia degli invertebrati, Piccin Nuova Libraria, 2006

Università di Verona, Sistemi sensoriali (https://www.corsi.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid074733.pdf)

Università di Firenze, Sistema somatosensoriale (https://e-l.unifi.it/pluginfile.php/878316/mod_resource/content/1/lezione%208%20SistemaSomatosensoriale.pdf)


Riferimenti immagini:

Wikipedia, https://www.gbif.org/species/9811888
Giulia Kado per Archivio AIYI

 


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