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Sadhana Filosofia

21/01/2025

La fascia e l'IYENGAR® Yoga: Cos'è la fascia è perché è importante

di Riccardo Utzeri

 

Cosa è la fascia

Il termine fascia, nel senso anatomico della parola, si sta rapidamente diffondendo negli ambienti delle discipline fisico-sportive e anche dello yoga.

È importante capire cosa sia la fascia e la sua importanza a livello anatomico e fisiologico, perché offre una visione nuova e illuminante della profonda integrazione tra le parti del corpo. La comprensione della fascia chiarisce ulteriormente il motivo per cui l'IYENGAR®YOGA è così efficace sulla fisiologia del corpo.

La fascia è una forma particolare di tessuto connettivo. Il connettivo è uno dei quattro tipi fondamentali di tessuto presenti nel nostro corpo. Ricordiamo che gli altri tessuti sono fatti di cellule tutte collegate, una in contatto con l'altra. Nel tessuto muscolare, gli elementi cellulari si fondono in lunghe file di fibrille contrattili, riunite in fasci via via più grandi a formare i muscoli interi. Nel tessuto epiteliale, le cellule formano un mosaico o un pavimento, anche pluristratificato, che va a costituire tutti i rivestimenti (la pelle esternamente e la parete del tubo digerente o del sistema respiratorio internamente e le pareti interne dei vasi sanguigni e linfatici) oppure si organizzano come un alveare a costituire la sostanza o parenchima degli organi interni e delle ghiandole e sono disposte in una trama fitta, con le cellule tutte ordinatamente stipate tra loro. Infine nel tessuto nervoso gli elementi cellulari sono tutti distanziati, ma con lunghi prolungamenti sottili che li collegano in specifici punti (le sinapsi) per far sì che i messaggi elettrici si propaghino su percorsi precisamente stabiliti e non facciano “cortocircuito” tra loro.

 

1.Aspetto della fascia in una dissezione

 

La particolarità del connettivo, invece, è di essere caratterizzato da un numero piuttosto scarso di cellule solitarie, immerse in una matrice extracellulare (MEC), composta da elementi fibrosi e sostanza fondamentale: cioè le cellule del connettivo sono “sparse” in una trama di piccole fibre proteiche non solubili immerse in un muco fatto di complessi molecolari solubili. Nel corpo il tessuto connettivo si specializza in varie tipologie: le ossa e i tendini, in cui la MEC è particolarmente spessa e nell'osso addirittura mineralizzata; il sangue, in cui la MEC è liquida; il tessuto adiposo, che si arricchisce di cellule che accumulano grassi di riserva energetica; tutta la serie della neuroglia (le cellule di sostegno del sistema nervoso); inoltre il connettivo riempie tutti gli spazi tra le varie strutture del corpo e, infine, costituisce le guaine degli organi, dei muscoli, dei tendini, delle ossa, dei nervi, le capsule articolari e le aponeurosi, che sono formazioni tendinee a benda anziché a cordoncino. La fascia è proprio questo insieme di guaine, bende e coperture, tutte interconnesse in vario modo.

Nella visione classica dell'anatomia, questo tipo di connettivo, che svolge funzioni di sostegno e connessione, veniva sempre accuratamente asportato nei preparati anatomici per osservare il muscolo o l'organo che ne era avvolto, un po' come se fosse una sorta di pellicola opaca da imballaggio, da riempimento, che deve essere tolta per vedere l'oggetto. La visione recente della fascia, che è ubiquitaria nel corpo, dà a questa specializzazione del tessuto connettivo una nuova e fondamentale importanza, perché la fascia avvolge e compenetra ogni singola struttura anatomica, ogni singolo organo, muscolo, cellula nervosa e crea di fatto una rete di connessione continua che integra tutte le parti non solo in senso meccanico, ma anche funzionale.
Si potrebbe considerare la fascia (a questo punto sarebbe più appropriato parlare di Sistema Fasciale) un organo vero e proprio.

Negli scritti di B.K.S. Iyengar, si trovano echi molto precisi della parola “tessuto” che evocano un riferimento alla fascia: “Questo è il processo di tessitura e compenetrazione, quando gli involucri o gli strati dell'essere lavorano in armonia tra loro. Con il termine tessitura faccio riferimento al fatto che tutti i fili e le fibre del nostro essere, ad ogni livello, vengono messi in contatto e comunicazione tra loro. È in questo modo che il corpo e la mente imparano a lavorare assieme” (Iyengar, Vita nello yoga, p. 42).

 

2. Daṇḍāsana

 

La connessione fasciale

Si può sperimentare facilmente un esempio di questa connessione in daṇḍāsana (la posizione del bastone da seduti), in cui la posizione del piede allungato o flesso non determina solo il rilassamento o lo stiramento del polpaccio ma fa sentire un allungamento più o meno intenso anche nella coscia posteriore.
Questo avviene perché i muscoli sono avvolti all'esterno, e intorno a ogni fascio di fibre e singola fibra al suo interno, da una pellicola di tessuto connettivo, la fascia appunto, che continua e si estende intorno al tendine, sulla membrana che ricopre l'osso e si collega con quella dei muscoli contigui, nei punti in cui si intersecano, come nella parte posteriore del ginocchio dell'esempio sopra; perciò la contrazione o lo stiramento di un muscolo ha effetto su tutti i muscoli (o gli organi) con cui esso è collegato per mezzo della fascia. Essendo la trama fasciale ubiquitaria nel corpo, la sollecitazione di una parte provoca sempre risposte più o meno sensibili in tutto il resto dell'organismo.

Anche se non ha parlato in termini specifici di fascia, B.K.S. Iyengar aveva un'idea molto precisa della sua influenza globale sul corpo e la sua postura: “È piuttosto difficile descrivere l'āsana come un unico stiramento. Ogni āsana richiede molti aggiustamenti minuziosi e raffinati non solo in gambe e braccia ma proprio nell'intessitura dell'intelligenza e della consapevolezza” (Iyengar, in Aṣṭadala Yogamālā, 2, p.207). Si può nuovamente notare l'utilizzo della parola intessitura, quasi a richiamare la natura tissutale della fascia.

 

3. Adho mukha śvānāsana

 

L'esistenza della fascia spiega perché, se c'è un cattivo appoggio del piede, si può soffrire di mal di schiena; perché se i muscoli posteriori della coscia sono molto rigidi il tratto lombare e cervicale probabilmente soffrono; perché se i muscoli del collo sono contratti può insorgere una epicondilite al gomito o una sindrome del tunnel carpale. Ma la fascia spiega anche perché è necessario che le mani spingano correttamente nella posizione adho mukha śvānāsana, per allineare gli arti superiori e posizionare in modo adeguato le scapole; oppure perché spingere di più sull'interno o sull'esterno del tallone modifica la posizione del bacino e crea una lunghezza differente nei lati della vita e del torace in alcuni āsana, ad esempio in pārśvōttanāsana, la posizione di allungamento intenso dei lati del tronco). È l'esistenza dell'organo fascia, quindi, che chiarisce perché zone lontane del corpo si influenzino reciprocamente e come le azioni tipiche spiegate dal maestro BKS Iyengar, localizzate in punti specifici, influenzano parti del corpo anche molto distanti da essi.

 

4. Pārśvōttanāsana



 

Peculiarità della fascia

Tuttavia questi esempi rimangono confinati alle relazioni tra ossa, muscoli e articolazioni, mentre l'importanza della fascia e l'influenza che la pratica di Iyengar Yoga esercita su di essa vanno ben oltre. Il tessuto connettivo, come si è visto, è costituito da un numero scarso di cellule immerse nella Matrice Extra Cellulare (MEC) composta da Sostanza Fondamentale ed elementi fibrosi. La sostanza fondamentale presenta le caratteristiche di un gel molto idratato, in cui possono sciogliersi e distribuirsi tutte le sostanze necessarie alla vita delle cellule del tessuto connettivo e dei tessuti circostanti (cioè praticamente di tutto il corpo). Questo vuol dire che la Matrice Extra Cellulare è, parallelamente al sangue, un importante sistema di nutrimento e pulizia dei sistemi organici. La sostanza fondamentale tende inoltre a diventare più collosa, viscosa, solida, nelle aree del corpo più immobili, o tese, facilitando l'accumulo di cataboliti tossici e ostacolando la normale diffusione dei nutrienti. Essa presenta quella che tecnicamente si chiama “tixotropia”, cioè la tendenza di un sistema colloidale a diventare più fluido in seguito a sollecitazioni meccaniche e/o termiche. Il massaggio connettivale terapeutico ma anche una pratica di āsana sono un ottimo esempio di sollecitazioni meccaniche. Perciò lo stato di liquidità della sostanza fondamentale diventa un indice di buona salute del tessuto connettivo e dei tessuti con cui localmente prende contatto.

Gli elementi fibrosi sono fondamentalmente collagene, elastina e reticolina. Dei tre, riveste una particolare importanza il primo, la proteina più diffusa nel corpo, perché le fibre collagene rispondono alle stimolazioni meccaniche subite dal tessuto connettivo, orientandosi su specifiche traiettorie (figura 5) che coincidono con le linee di tensione a cui è sottoposto il tessuto, esattamente come le lamelle mineralizzate all'interno dell'osso si orientano secondo le linee di carico che l'osso subisce.

 

5. Orientamento delle fibre nella fascia

 

Dal punto di vista posturale, questa capacità di orientamento delle fibre è fondamentale per spiegare il motivo di tensioni e alterazioni della postura: se un gruppo muscolare rimane bloccato in un tono costantemente troppo alto per lungo tempo, a causa di traumi o postura alterata, esso va incontro a retrazione e membranizzazione: cioè le fibre collagene dei tessuti fasciali che ricoprono e compenetrano quei muscoli (o quegli organi) si disorganizzano, ispessiscono e, di fatto, si irrigidiscono. Questa caratteristica delle fibre collagene ci fornisce tuttavia la visione di un tessuto plastico e adattabile alle condizioni esterne che può, per fortuna, anche recuperare la normale funzionalità, distendendo e rilasciando quelle stesse retrazioni, seppur a costo di un notevole lavoro posturale e/o terapeutico.
Diventa facile capire perché un corpo maltrattato, sedentario, sottoposto a posture scorrette per lunghissimi periodi, magari non alimentato in maniera adeguata, sviluppi tutta una serie di sofferenze, muscolari, posturali, organiche, legate al congestionamento della MEC, che non permetterà in tante parti del corpo la corretta diffusione delle sostanze nutritive e l'eliminazione degli scarti cellulari tossici. Questo si traduce in perdita di elasticità dei muscoli, con conseguente rigidità, algie posturali e possibili disfunzioni organiche.
Nell'ottica del benessere e della salute della persona, si comprende che recuperare una giusta fluidità della sostanza fondamentale e un corretto riallineamento degli elementi fibrosi sia un obiettivo auspicabile: ebbene la MEC si riorganizza efficientemente, quando viene strizzata e stirata.

 

Come si può agire sulla fascia

Thomas Myers, autorità mondiale nel campo dell’applicazione fasciale alle terapie manuali e al movimento: “...contrazioni profonde e stretching strizzano la trama fasciale nello stesso modo in cui si strizza una spugna. Quei metaboliti che erano intrappolati nei nodi mucosi corrono di nuovo ai capillari e al flusso sanguigno. … Lo yoga aiuta sia a stirare che ad ammorbidire la rete fibrosa così come a idratare il gel rendendolo più permeabile. … Praticando yoga nel tempo, le fibre fasciali lentamente si assottiglieranno e scolleranno nelle settimane, qualche volta mesi, mentre il muco può cambiare in uno stato più liquido rapidamente, anche in un minuto, permettendo più scorrimento, meno dolore, più sensibilità e meno resistenza. Usate lo yoga, è un fantastico strumento per far sì che fluidi e informazioni fluiscano alla loro massima sensibilità e adattabilità. … Quando fai gli allungamenti dello yoga stai effettivamente stirando il DNA delle tue cellule e cambiando la maniera in cui esso si esprime. In questo modo l’ambiente meccanico intorno alle tue cellule può alterare la maniera in cui i geni funzionano” (Myers 2006).
Ma già B.K.S. Iyengar, profondo studioso anche di anatomia, rivelava una perfetta consapevolezza di questi aspetti affermando (Iyengar, in Aṣṭadala Yogamālā, 2, pp.207-211) che i vari āsana prendono forma, attraverso uno sforzo consapevole, per nutrire le varie parti del corpo, ottenere una migliore circolazione del sangue e l'eliminazione delle tossine, affinché le cellule, i tendini e i nervi possano mantenersi al loro più alto livello di salute, cosicché si possa godere di buona salute nel corpo, nella mente e nel sé.fasciaf
Si possono osservare esempi di collegamenti miofasciali (cioè l'insieme dei muscoli connessi funzionalmente tra di loro dalla fascia) molto utili e immediatamente comprensibili nella loro visualizzazione nella pratica. Nelle quattro figure seguenti si apprezzano la Linea Superficiale Posteriore, la Linea Superficiale Frontale, la Linea Laterale e le linee del braccio. Comprendere il significato della linea fasciale aiuta a capire perché, anche se un movimento, uno stiramento o un'azione sono localizzati in una porzione piccola del corpo, essi influenzano direttamente tutti gli altri segmenti della stessa linea e indirettamente il corpo intero.

 

 


B.K.S. Iyengar ne era perfettamente consapevole ed infatti ripeteva che deve essere I'intero corpo ad agire. Per allungare una parte, bisogna allungare il tutto.

 

10. paścimottanāsana

 

Si può osservare che la posizione di allungamento intenso della parte posteriore del corpo (paścimottanāsana, figura 10), stira proprio tutta la Linea Superficiale Posteriore, non tralasciando di allungare nemmeno una porzione di questa lunga catena di collegamento fasciale tra quei muscoli.
In maniera del tutto analoga, ad esempio, si può notare che chatuṣpādāsana (la posizione dei quattro arti in appoggio) va a stirare tutta la Linea Superficiale Frontale e utthita pārśvakoṇasāna (la posizione laterale estesa ad angolo) estende la Linea Laterale e una delle linee del braccio.
La finezza del metodo di BKS Iyengar, con i suoi effetti eccezionali sul corpo, risiede nell'equilibrio con cui questi allungamenti vengono eseguiti: “non bisognerebbe allungarsi né troppo né troppo poco. Se una cosa viene iper-allungata, un'altra viene ipo-allungata” (Iyengar, Vita nello Yoga, p.46). Infatti in paścimottanāsana (e nell'esecuzione di tutte le posizioni in avanti) l'attenzione è rivolta a mantenere allungata anche la parte frontale del corpo, per evitare che lo stiramento di una parte diventi compressione, collasso o congestione di un'altra. Analoga osservazione, dal punto di vista opposto, si applica alle posizioni di piegamento indietro. Nelle torsioni, l'attenzione a mantenere l'allungamento omogeneo di entrambi i lati del busto, permette di ottenere tutti i benefici degli allungamenti laterali, della sollecitazione dei visceri, senza schiacciare gli organi di un lato o dell'altro del corpo.
Basta pensare alla posizione tāḍāsana (la posizione della montagna) dal punto di vista fasciale: il metodo di BKS Iyengar è la ricerca del perfetto equilibrio energetico, muscolare, tendineo, tensorio, fasciale appunto, tra la parte frontale e la parte posteriore, tra le due parti laterali e perfino delle braccia e delle linee a spirale che percorrono interamente il corpo.
Infatti le azioni che sono eseguite in questa posizione si compongono nell'allineamento e allungamento finale, pur sembrando talvolta contrastanti tra loro; ad esempio, spingere l'interno del tallone giù ma sollevare l'interno della caviglia; spingere la parte alta delle cosce indietro ma allungare i glutei in basso; sollevare lo sterno ma tenere basse le costole inferiori; ruotare le spalle indietro ma allargare il dorso e via dicendo.

 

IYENGAR®YOGA oltre la fascia

B.K.S. Iyengar aveva una tale sensibilità del corpo che, quando usava le parole fabric o network (termini che richiamano la natura di tessuto, di fibra, di connessione tra i vari strati del corpo) includeva in questa concezione del corpo la pelle, come organo di movimento, percezione e intelligenza: “Il movimento della pelle ci permette di comprendere ogni āsana. Dobbiamo percepire l'estensione fino ai limiti della nostra pelle. Come ho già detto, la pelle rappresenta il cervello del corpo, e rivela tutto ciò che accade in ogni sua parte. La pelle, come uno specchio, riflette il nostro stato mentale, apparendo tesa, molle, cadente, gonfia, tremula o bloccata. Perciò, osservate la qualità della vostra pelle durante la pratica. Ogni volta che allungate la pelle, distendete anche le terminazioni nervose, permettendo loro di aprirsi ed eliminare le impurità accumulate. Per questo motivo insegno l'allungamento e l'espansione. I nervi si allentano e si rilassano. Ci sentiamo come se stessimo allungando contemporaneamente la pelle, i muscoli e persino le ossa del nostro corpo. Bisogna praticare gli āsana creando uno spazio tra i muscoli e la pelle, in modo che il corpo si adatti perfettamente alla posizione che si sta eseguendo” (Iyengar, Vita nello Yoga, p.46).
In questo brano si ritrova il significato del Sistema Fasciale, chiaro indizio del fatto che il Maestro B.K.S. Iyengar aveva sviluppato con la sua incredibile sensibilità, o forse possedeva in maniera innata una intelligenza fasciale, che gli consentiva di indagare a livello microscopico i collegamenti, le interazioni e le influenze di ogni parte del corpo sulle altre. Così si spiegherebbe la sua stupefacente, quasi miracolosa capacità di capire con uno sguardo il corpo di una persona e di riallinearla, suggerendole una o due azioni precise, profonde, così pertinenti da risultare risolutive.
B.K.S. Iyengar riusciva a risolvere rapidamente ed efficacemente tutta una serie di disordini fisiologici e, addirittura, patologici attraverso l'esecuzione di sequenze adeguate di āsana appropriati, probabilmente grazie alla sua consapevolezza intuitiva della fascia.

In conclusione, il punto di vista dei collegamenti fasciali può aiutare a capire meglio il funzionamento delle azioni muscolari, specifiche del metodo di BKS Iyengar, richieste nell'esecuzione degli āsana: “Si deve studiare la struttura di ogni āsana aritmeticamente e geometricamente. L'aritmetica è basata su addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione; analogamente si deve addizionare un'azione corretta per ottenere un aggiustamento corretto; sottrarre le azioni sbagliate, superflue e involontarie, evitando di fare troppo o troppo poco; moltiplicare l'intensità della consapevolezza e dividere e distribuire equamente l'energia. … Si deve analizzare e riconoscere la figura e la forma reale di ogni āsana in modo che sia eseguito ed espresso correttamente” (Iyengar, in Aṣṭadaḷa Yogamālā, 2, p.208).
Tuttavia questo approfondimento non è la meta del sādhana, il percorso del praticante di yoga, ma solo un altro mezzo per raggiungere la consapevolezza del vero sé. “Non dovete praticare gli āsana solo con la mente o con il corpo. Dovete essere totalmente presenti nella posizione. Dovete eseguirla con la vostra anima. ... Solo in questo modo l'āsana diventa un'offerta sacra. Dobbiamo abbandonare il nostro ego. Questa è la devozione suprema a Dio (Īśvara Praṇidhānā)” (Iyengar, Vita nello Yoga, p.70).

 

 


Bibliografia:

B.K.S. Iyengar, Vita nello Yoga, Mediterranee, Roma, 2008.

B.K.S. Iyengar, Yogāsana: a search of the infinite in the finite body, in “Aṣṭadaḷa Yogamālā”, 2, Allied Publishers pvt. Limited, New Delhi, 2001, pp.207-211.

T.W.Myers, Meridiani Miofasciali, Tecniche Nuove, Milano, prima edizione, 2006

T.W.Myers, What You Need to Know About Fascia, Updated: Aug 24, 2018; Original: Jan 18, 2018 (Learn About Fascia. Fascia and Your Yoga Practice, in “Yoga Journal”; anatomytrains.com)

https://www.yogajournal.com/teach/anatomy-yoga-practice/what-you-need-to-know-about-fascia-2/

Riferimenti immagini:

Archivio AIYI, Iyengar Yoga Delhi; Fisiomaster.it, simonfortier.com; Edizioni Tecniche Nuove

Si ringrazia sentitamente la casa editrice Ed. Tecniche Nuove, Milano per la gentilissima concessione dell'utilizzo delle immagini delle figg. 6, 7, 8 e 9, tratte dal testo: Meridiani Miofasciali, di Thomas W. Myers

 


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